Attivista della presenza e formatrice. Facilito il cambiamento. Diffondo pratiche di presenza corporea e di ascolto per accrescere la consapevolezza di sé e favorire la comunicazione reciproca.
Incoraggio le persone a riconnettersi con sé stesse e con la bellezza del proprio mondo interiore perché possano tornare a sentirsi intere e vivere pienamente.
Tutte le mie proposte, sia quelle didattiche che quelle artistiche, hanno un obiettivo comune: creare uno spazio di presenza in cui essere ed esserci. Se è questo che stai cercando, inizia da qui la tua ricerca.
L’embodied cognition, o cognizione incarnata, è una teoria che sfida il tradizionale dualismo tra mente e corpo e sostiene che il pensiero non può essere separato dal corpo. Il nostro modo di pensare non è solo un processo mentale, ma anche fisico-motorio e sensoriale. L’idea dell’embodied cognition è che la gran parte dei processi cognitivi non si sviluppa nel cervello, ma avviene tramite i ritmi di controllo del corpo. Fuori dal corpo il cervello non esisterebbe: noi non siamo il nostro cervello e non è il cervello che ci rende coscienti.
Questa prospettiva sorprendente ha guadagnato sempre più rilevanza negli ultimi decenni, fino a rivoluzionare i modelli teorici che spiegano come percepiamo, comprendiamo e interagiamo con il mondo e sta trovando applicazione anche in ambito formativo.
La teoria dell’embodied cognition ha radici che risalgono a diverse discipline e movimenti filosofici. Tuttavia, è nel XX secolo che ha iniziato a guadagnare notorietà, nonostante sia stata a lungo ostacolata dalla psicologia cognitiva classica, che per certi versi è ancora il modello più largamente accettato da molti scienziati della mente.
Nel 1916 Margaret Floy Washburn, la prima donna a conseguire un dottorato in psicologia, sosteneva la necessità di collegare gli eventi della mente con il movimento corporeo. Negli anni ’40, il filosofo Maurice Merleau-Ponty ha iniziato a esplorare il concetto di corporeità nella filosofia fenomenologica, sottolineando il ruolo centrale del corpo nella percezione e nella conoscenza.
Con il passare del tempo il motivo per cui la cognizione dipende dal corpo diventa sempre più chiaro: noi percepiamo per agire e ciò che percepiamo dipende da come intendiamo agire (Glendberg, 2013).
Negli anni ’90, le ricerche interdisciplinari in neuroscienze, psicologia e intelligenza artificiale hanno dato nuovo impulso all’embodied cognition. Questo approccio ha iniziato a ottenere sempre più attenzione nel contesto della comprensione dei processi cognitivi umani, spingendo gli studiosi a esaminare come il corpo e la mente si integrano.
I due elementi chiave di questa teoria sono il corpo e la mente e il modo in cui si influenzano a vicenda e contribuiscono alla nostra esperienza cognitiva. Il corpo non è, infatti, un semplice “contenitore” per la mente, ma un elemento attivo e cruciale nei processi percettivi e cognitivi.
Nel contesto dell’embodied cognition, il corpo riveste un ruolo cruciale. È il nostro strumento primario di interazione con il mondo esterno. Attraverso i sensi, il corpo ci fornisce informazioni essenziali sul nostro ambiente. Per esempio, il tatto ci permette di percepire la consistenza di una superficie, mentre la vista ci consente di riconoscere forme e colori. Le abilità motorie del corpo ci permettono di agire e reagire al mondo circostante. Il corpo è in continua interazione con l’ambiente e questo scambio di informazioni è fondamentale per il processo di percezione, azione e comprensione.
In questa prospettiva, quindi, la mente è considerata come un fenomeno distribuito che non risiede solo nella testa, poiché la corporeità (embodiment) è la condizione necessaria per lo sviluppo dei processi cognitivi. Alcuni scienziati preferiscono parlare di extended mind per sottolineare l’impossibilità di limitare la mente e il corpo entro i confini in cui avvengono i processi cognitivi.
La mente è, quindi, il risultato della complessa interazione tra il corpo e l’ambiente circostante. Questo significa che le esperienze corporee influenzano direttamente il nostro pensiero e le nostre emozioni. Una sensazione di calore può influenzare il nostro stato emotivo, inducendo una sensazione di comfort o di disagio. La percezione visiva è modellata dal nostro orientamento spaziale e dalla nostra capacità di esplorare il mondo attraverso il movimento. La mente è, quindi, intimamente connessa al corpo e alle sue esperienze. Non a caso si parla anche di “mente incarnata”.
Una visione rivoluzionaria del ruolo del corpo nei processi percettivi e cognitivi umani: è questa la novità del legame tra embodied cognition e conoscenza.
Questa teoria sfida le concezioni tradizionali che considerano la mente come un’entità separata dal corpo, suggerendo invece che il corpo sia parte integrante e attivamente coinvolto in questi processi. Ecco alcuni dei principali aspetti innovativi di questa prospettiva:
L’embodied cognition è uno degli approcci che sta contaminando maggiormente il campo delle neuroscienze educative. Nelle proposte educative e formative che implicano l’uso del corpo e delle sensazioni fisiche per imparare si parla di apprendimento attivo. Quando coinvolgiamo il nostro corpo nell’apprendimento, le informazioni diventano più concrete e possono essere utilizzate per produrre azioni nuove.
L’apprendimento attivo caratterizza le formazioni che propongo nelle aziende e nelle organizzazioni, insieme al learning by doing e all’action learning. Apprendere attraverso pratiche di consapevolezza corporea, giochi collaborativi o simulazioni produce una comprensione più profonda ed è la chiave per innescare cambiamenti di prospettiva e di comportamento.
Per conoscere le mie proposte formative e contattami per avere informazioni.
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