Ogni anno, in questo stesso periodo, sento il bisogno di rivolgere il mio sguardo all’indietro: scorrendo a ritroso l’anno appena trascorso, passo pazientemente al setaccio gli accadimenti significativi che ho vissuto nei dodici mesi appena trascorsi e ne raccolgo un’essenza. È un gesto che sento essenziale per ricostruire un senso in ciò che ho vissuto e poter guardare avanti.
L’immagine che mi resta di questo 2020 assomiglia a un quadro surrealista: bordi netti e taglienti, cromie ricche di chiaroscuri e contrasti, molte ombre e un soggetto che fa fatica a ricomporsi in un disegno compiuto.
È una composizione che sfugge alla linearità e alla consequenzialità che consideravo ordinarie, mentre presenta fatti intensi e straordinari, un insieme di molteplici singolarità che si accostano in modo imprevedibile e paradossale, ambiguo e contradditorio.
Quando i fatti non bastano più
Di solito mi basta richiamare i fatti, ricostruirne l’ordine e osservarli con una certa distanza per poter intravedere nessi e corrispondenze.
Ma mai come quest’anno i fatti sono stati così ‘caotici’ e inconsistenti da sfuggire ad ogni tentativo di rintracciare il fil rouge che li ha tenuti assieme.
Il loro susseguirsi è stato vorticoso e ci ha travolti al punto da rendere impossibile la presa di distanza necessaria per poterli osservare oggettivamente, individuarne le leggi e collocarli in una cornice di senso.
Ancora più difficile per me è distinguere il filo del mio personale sentire all’interno di una situazione che ci ha coinvolti tutti, intrecciando i fili delle nostre esistenze personali con le vicende collettive.
In cerca di un orientamento mi sono dapprima rivolta alla scienza, nel luogo in cui tutti noi abbiamo riposto la nostra fede e in cui abbiamo imparato a cercare tutte le risposte. Ma stavolta la scienza non è stata in grado di rispondere.
Forse, mi sono detta, stai cercando nel posto sbagliato: e in effetti la scienza non si è mai promossa come luogo di certezza, visto che il suo compito non è di trovare verità ma di creare ipotesi di lavoro, slanciandosi in avanti più che sostare del presente.
In un estremo tentativo di raccogliermi intorno a qualcosa di fermo, mi sono allora aggrappata ai dati. Lo abbiamo fatto tutti, tentando di costruire attorno ai numeri improbabili argini che potessero farci sentire al sicuro.
La scomoda verità, che neppure gli argini sono stati in grado di tenere a bada, è però emersa inesorabilmente davanti ai nostri occhi: la vita è una questione poco sicura. Anche se noi viviamo dimenticandocene, questa è la sua natura.
E questo è il suo mistero.
Per lo meno i numeri sono diventati materiale con cui costruire una zattera provvisoria su cui tutti ci siamo affrettati a salire: sempre meglio che rimanere in balia di un mare in tempesta!
Forse ci auguravamo che il mare grosso durasse meno e adesso cominciamo a renderci conto che la zattera non è proprio il mezzo più adatto per condurre lunghe navigazioni. Al momento però non abbiamo altri tipi di imbarcazione a disposizione.
Oppure speravamo che a un certo punto una scoperta scientifica sorprendente ci togliesse da tutto questo sconvolgimento, riportandoci con i piedi sulla terra ferma. Almeno per un attimo. Ma finora niente è arrivato a imporsi con quel grado di certezza sufficiente a farci sentire al sicuro.
Siamo ancora in mare aperto.
Nel libro “Percorsi di felicità” di Joseph Campbell ho trovato una perfetta fotografia della situazione:
Siamo in un periodo che Nietzsche chiamerebbe ‘di confronto’. Non c’è più l’orizzonte comune in cui tutti crediamo nella stessa cosa. In altri termini ognuno di noi è gettato in una foresta di avventure senza leggi. Non c’è una verità presentata in modo accettabile da tutti.
Joseph Campbell
Può la psiche gestire una cosa simile?
…Cerca le tue risposte nelle stelle
Nella mia personale ricerca di significato mi è parso molto naturale rivolgere lo sguardo progressivamente a ciò che mi sembrava continuare ad avere un ritmo e una regolarità anche nel bel mezzo del caos.
La magnolia che fioriva sicura fuori dalla mia finestra, gli uccelli che tornavano puntuali ad attraversare il cielo, il sole caldo che cominciava a far maturare i frutti, la luna che scandiva le notti con una ciclità che mi pareva improvvisamente essenziale.
Mi sono ritrovata, quasi senza accorgermene, ad allargare lo sguardo fino a trovarmi sempre più coinvolta nell’osservazione dei movimenti di stelle e pianeti, scoprendo con un grande senso di sorpresa che la straordinarietà che stavamo vivendo sulla Terra aveva una sua controparte lì nel cielo.
Non lo sapevo, ma stavo ripercorrendo un gesto antichissimo nella storia dell’uomo.
Cito solo i principali eventi astronomici (e astrologici) verificatisi quest’anno per mostrare l’entità di questa eccezionale corrispondenza.
A marzo, quando entravamo in lockdown sulla Terra, nel cielo si configurava la Triplice (e rara) congiunzione fra Giove, Saturno e Plutone in Capricorno e un contemporaneo moto di retrogradazione di Mercurio.
Quando ne uscivamo a maggio questo assetto si allentava per poi tornare a farsi sentire in ottobre, il momento in cui siamo nuovamente entrati in lockdown.
L’anno si è poi concluso con un evento che è apparso quasi magico e che ha conquistato le pagine dei giornali e del web: la rarissima Grande Congiunzione fra Giove e Saturno verificatasi proprio nel giorno del Solstizio di inverno il 21 dicembre. Un avvicinamento simile non accadeva da 800 anni: non si vedeva a occhio nudo dal 1226 e non si rivedrà più fino al 2417.
A chi alza scetticamente gli occhi al cielo liquidando questa evidenza di corrispondenze come un diletto per persone poco serie, rivolgo l’invito di riconsiderare la questione, lasciando da parte il giudizio e aprendo la mente.
Questa ricerca di nessi tra terra è cielo è qualcosa che ci appartiene in modo antico e profondo.
In un articolo apparso in La Lettura del Corriere della Sera, Matteo Trevisani scrive:
Tentare di collegare ciò che accade nel cielo con le vicende umane è un gioco che è stato fatto molto a lungo, da prima che esistesse la scrittura. Gli esseri umani erano soliti chiarire a loro stessi il movimento ordinario delle stelle e dei pianeti raccontandolo in forma mitica e viceversa, nascondendo dentro a ogni mito la sua reale origine stellare. Accorgendosi di essere a conoscenza di questa correlazione divina significava essere degli iniziati, vedere la realtà con occhi diversi.
Matteo Trevisani
Qual è questo altro modo di guardare la realtà?
Navigare l’incertezza grazie al mito
Anche quando i fatti e la scienza non ci supportano, la nostra ricerca di senso continua. In profondità. In un territorio in cui la razionalità e la logica non possono entrare.
La mente va in cerca di significato. Non può giocare se non conosce (o non inventa) qualche sistema di regole. Le mitologie offrono giochi da giocare: come far credere che noi stiamo facendo questo o quest’altro.
Joseph Campbell
Quando rimaniamo esiliati dalle certezze che credevamo di aver conquistato una volta per tutte, è nel mito che torniamo a cercare il nostro Io.
Joseph Campbell ci chiarisce che “la prima funzione di una mitologia viva è conciliare la coscienza con la natura della vita” e poi prosegue:
Un’immagine cosmologica offre un campo con cui giocare il gioco che contribuisce a conciliarci con la nostra vita, con la nostra esistenza, con la nostra stessa coscienza, con le nostre aspettative di senso.
Joseph Campbell
Il mito nella storia umana ha svolto sempre questa fondamentale funzione di “salvataggio” per la psiche, nutrendola di simboli senza tempo e immagini viventi, archetipi che diventano modelli che ci aiutano a comprendere l’ordine del mondo, ci ispirano a immaginare e creare inediti livelli di esistenza.
Si tratta di un luogo antico e solido, un’isola al di là del tempo in cui sostare dal nostro naufragio e prenderci cura di noi stessi, lasciando che le emozioni che ci hanno sconvolto possano maturare finché non ci sentiremo pronti a ripartire per tornare a casa.
Miti per il futuro
I libri di Campbell e i fatti straordinari del cielo, le storie mitologiche che mi hanno raccontato, sono state per me un antidoto a tutta l’incertezza che mi ha travolto: mi hanno incoraggiata ad attraversare il caos, hanno saputo offrirmi un luogo al di là del tempo in cui sostare e hanno saputo slanciare il mio sguardo verso una nuova destinazione.
È per questo che scelgo le parole di Joseph Campbell per salutare la fine di quest’anno e dare il benvenuto a quello nuovo, augurandomi che possano offrire un orizzonte anche a chi leggerà questo post.
Penso che noi, ora, dovremmo guardare alla stessa sorgente a cui guardavano i nostri antenati nel XII e nel XIII secolo, quando la loro civiltà stava franando: ai poeti e agli artisti.
Costoro sanno guardare oltre i simboli in frantumi del presente e possono iniziare a forgiare nuove e costruttive immagini, immagini trasparenti rispetto alla trascendenza.
Ci sono stati grandi artisti che hanno saputo leggere la scena contemporanea in modo da consentire alle grandi idee comuni di brillare in ogni tempo, ispirando e ritraendo il viaggio individuale.
Joseph Campbell
Buon anno nuovo.